mercoledì 9 novembre 2016

V: Vino

Quando la legge sanciva "Vietato annacquarlo". Prezzi, vendemmie, rivendite: tutto regolamentato.
Non solo il pane era sotto rigoroso controllo del Comune che ne fissava i prezzi, non solo il grano era sottoposto a regole e norme rigide, ma anche il vino e l'uva ebbero le stesse attenzioni da parte dei governanti. I primi Statuti del Comune di Bologna dalla metà del Duecento prevedevano regole ben precise: ad esempio, era vietato avvicinarsi alle vigne senza il permesso del proprietario ed era proibito vendere l'uva prima della vendemmia settembrina. Ancor più stringenti erano le regole che riguardavano il vino: erano fissati prezzi, era vietato l'acquisto per la rivendita (eccetto che per le osterie), come pure era proibito aggiungere acqua...senza dichiararlo.
La produzione di vino era abbondante: un terzo con l'uva bianca e due terzi con l'uva rossa. Il vino era un prodotto largamente usato dalla cittadinanza perchè piaceva e perchè si riteneva avesse anche funzioni terapeutiche.
Mentre per gli altri mestieri era consentito da vita a Compagnie di Arti e Mestieri che raggruppavano gli addetti, li tutelavano e li sottoponevano a regole di comportamento, ai produttori di pane e vino era vietata qualsiasi aggregazione organizzata. Una ben precisa regolamentazione comunale riguardava il trasporto del vino: era una norma che permetteva al Comune di avere un interlocutore certo e controllabile al quale, soprattutto, affidare l'incasso del dazio. Ai portatori di vino chiamati Brentatori, fu consentito di dar vita ad una Compagnia riconosciuta formalmente solo nel 1407.
I Brentatori trasportavano il vino nelle brente, cioè bigonce di legno impermeabilizzate che contenevano circa 50 litri e che portavano sul dorso.
Lo Statuto della Compagnia dei Brentatori imponeva, fra l'altro, che di fronte ad un incendio, al suono della campana dell'Asinelli, essi dovessero intervenire trasportando acqua per lo spegnimento: dunque, i Brentatori, furono, di fatto, i primi pompieri della storia di Bologna!
I Brentatori avevano la loro sede nell'attuale via de' Pignattari (dove ora c'è un albergo accanto al quale è affissa una targa che lo ricorda): accanto vi era la sede del Dazio del Vino e un'osteria.
Il gettito del Dazio del Vino andava alla Camera Apostolica, cioè a Roma. Dazio e trasporto incidevano per il 20% sul prezzo del vino.
Ma come era il vino dei secoli scorsi? Era di qualità modesta e torbido e, invecchiando, peggiorava non essendovi accorgimenti per la conservazione. Inoltre, si piantavano vigneti in terreni inadatti.
Dopo la vendemmia si produceva un primo vino, poi un secondo al quale si aggiungevano spezie, fichi, prugne per migliorarne il sapore e renderlo più dolce; infine si faceva il "terzanello".
La qualità del vino aumentò poi a fine Seicento quando si diffuse l'uso del turacciolo: secondo una tradizione priva di riscontri, fu il benedettino Dom Pierre Perignon dell'Abbazia di Hauteville, che lo utilizzò per lo Champagne.
A Bologna restano alcune "vie del Vino": via Calcavinazzi, via delle Vigne, via Castellata, via delle Viti, via Vinazzetti.

Curiosità

Una mezza castellata di mosto, 424 litri, una volta vinificata, dava circa 300 litri di primo vino, PREM VEN. Poi, aggiungendo acqua alle vinacce, si otteneva e’ MEZZ VEN (il secondo vino), poi e’ TERZANÉLL (il terzanello), poi Sburgiól, laTURCIADURA e poi si sentiva nominare anche l’AQUADÉZ (acquadiccio) che venivafatto con acqua di pozzo, o addirittura con acqua di fiume o di canale

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