venerdì 18 novembre 2016

Z: Zamboni Luigi e Anteo

Il cognome della libertà diviso da 132 di storia. E il tributo resta nella toponomastica della città.
Due giovanissimi amanti della libertà, con lo stesso cognome, hanno lasciato un segno indelebile nella storia di Bologna; Anteo e Luigi Zamboni. Entrambi sono presenti nella toponomastica bolognese: a Luigi, nel 1867, fu intitolata la via San Donato dal centro alla Porta, mentre ad Anteo, nel 1958, fu intitolato un tratto di mura da Porta Zamboni a via San Giacomo e collocata una lapide in piazza Nettuno. Il 31 ottobre 1926 il quindicenne bolognese Anteo Zamboni (nella foto al centro davanti) attentò alla vita di Benito Mussolini sparandogli un colpo che lo sfiorò senza ferirlo. Mussolini era giunto a Bologna su invito del ras locale Leandro Arpinati per inaugurare lo stadio denominato Littoriale. Al momento di lasciare Bologna, diretto alla Stazione su un auto guidata dallo stesso Arpinati, all'altezza del Canton de' Fiori, dalla folla spuntò una mano che teneva la pistola. Il giovane, figlio del tipografo Mammolo Zamboni, fu immediatamente bloccato e ucciso a colpi di pugnale e il suo corpo martoriato fu lasciato davanti al bar Centrale (oggi Mc Donald's).
Mussolini colse questa occasione per emanare, nei giorni successivi, due leggi "speciali"; la prima del 6 novembre prevedeva  carcere e confino per gli antifascisti, la seconda, di fatto, scioglieva partiti e sindacati.
132 anni prima a Bologna vi fu il primo tentativo insurrezionale verificatosi in Italia, ispirato al modello francese. L'improbabile rivoluzione contro il governo papalino di Bologna fu tentata con giovanile e romantico entusiasmo dal bolognese Luigi Zamboni assieme all'astigiano Giovan Battista De Rolandis, anch'egli studente di diritto. Luigi Zamboni, figlio di Giuseppe Zamboni e Brigida Borghi residenti in via Galliera, 34-36 all'angolo con via Strazzacappe, nacque a Bologna il 12 ottobre 1772; dopo aver intrapreso gli studi giuridici, nel 1791, prima di recarsi in Francia, distribuì volantini contro il governo pontificio.
Tre anni dopo, la sera fra il 14 e il 14 novembre 1794, dopo una lunga fase organizzativa che ebbe come luogo di ritrovo il Caffè degli Stelloni (angolo Rizzoli-Indipendenza) e che coinvolse molte altre persone (comprese madre e zia di Zamboni), scattò l'azione che avrebbe dovuto far insorgere il popolo. Pur sapendo di essere stati traditi dai loro stessi compagni d'avventura, Zamboni e  De Rolandis, assieme ad altri quattro uomini, armati con archibugi e sciabole, decisero comunque un'azione dimostrativa, che si limitò alla distribuzione di una decina di volantini.
Compiuto questo atto i due giovani si diedero alla fuga verso la Toscana, ma furono arrestati il 19 novembre all'osteria di Covigliaio vicino a Fiorenzuola. Furono chiusi nel carcere del Torrone, processati e condannati a morte. Zamboni si suicidò in carcere la notte fra il 17 e il 18 agosto 1795, mentre De Rolandis fu impiccato la mattina del 23 aprile 1796 nell'attuale piazza VIII Agosto. Zamboni in carcere cantò questi versi: "Non è ver che sia la morte - il peggior di tutti i mali - è un sollievo dei mortali - che son stanchi di soffrir".

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